Effetti neurotossici di Ecstasy e caffeina associate

 

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 19 maggio 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La MDMA (3,4-metilendiossimetamfetamina), comunemente nota come Ecstasy[1], è una sostanza psicotropa a prevalente azione psicostimolante che, in qualità di sostanza d’abuso, sta conoscendo un nuovo momento di grandissima diffusione tra giovani e meno giovani, soprattutto per l’influenza che esercita sul tono dell’umore e sulla propensione all’interazione sociale. La MDMA agisce sulle proteine trasportatrici della dopamina e della serotonina, ossia DAT e SERT, ed è nota la sua azione di danno neuronico, che riguarda preferenzialmente i neuroni serotoninergici ma interessa anche i neuroni dopaminergici. La tendenza attuale negli ambienti in cui si fa uso di sostanze psicotrope illecite è l’assunzione congiunta di MDMA e caffè o altre bevande che contengono caffeina. Questa metil-xantina, in qualità di antagonista non selettivo dei recettori dell’adenosina A1/A2A, interessa sia la trasmissione dopaminergica che serotoninergica.

Gorska e colleghi, per verificare sperimentalmente la possibilità che l’assunzione di caffeina aggravi la neurotossicità delle dosi di MDMA, hanno studiato le variazioni indotte dalla cronica assunzione congiunta delle due sostanze sul rilascio di serotonina (5-HT) e dopamina (DA) nello striato di ratto. Lo studio ha prodotto risultati di sicuro interesse.

(Gorska A. M., et al. Neurochemical and Neurotoxic Effects of MDMA (Ecstasy) and Caffeine After Chronic Combined Administration in Mice. Neurotoxicity Research 33 (3): 532-548, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Pharmacology, Department of Brain Biochemistry, Institute of Pharmacology, Polish Academy of Sciences, Krakow (Polonia); Department of Molecular Neuropharmacology, Institute of Pharmacology, Polish Academy of Sciences, Krakow (Polonia); Department of Biomedical Sciences, Section of Neuropsychopharmacology, University of Cagliari, Cagliari (Italia).

La MDMA si presenta, allo stato puro, come una polvere cristallina bianca, che generalmente si ottiene per semi-sintesi chimica a partire dal safrolo, olio essenziale contenuto nel sassofrasso, nella noce moscata, nella vaniglia, nella radice di acoro e in altre spezie vegetali; ha massa molecolare 193,25, temperatura di fusione 155°C (a 20 mm Hg) e indice di rifrazione 1,5311. Chimicamente è una feniletilamina, più specificamente una metamfetamina con formula bruta C11H15NO2. Le sue proprietà psicotrope, oltre quelle stimolanti per le quali è inclusa con cocaina e amfetamina tra gli stimolanti psicomotori, tendono ad indurre modificazioni qualitative del vissuto nelle esperienze sociali; per tale ragione è classificata da alcuni fra gli empatogeni entactogeni, ossia sostanze che facilitano lo sviluppo di esperienze di condivisione affettiva ed emotiva nelle relazioni e accrescono l’effetto gratificante dei rapporti interpersonali.

Sebbene non sia una molecola “psicosomimetica”, ossia in grado di indurre disturbi psicotici quale effetto acuto di una singola assunzione, sono stati rilevati casi di deliri e allucinazioni alla prima ingestione ed è stato descritto un caso di psicosi persistente dopo una singola dose in una ragazza in apparente buona salute psicofisica[2]. La sua tossicità è ben definita e va oltre gli effetti documentati da tempo per il sistema nervoso centrale, includendo insufficienza renale ed epatica, rabdomiolisi, coagulazione intravasale disseminata, ipertermia fulminante ed epatiti. Fra gli effetti sul cervello, sono stati documentati infarto cerebrale, sanguinamenti intracranici, emorragie cerebrali, edema cerebrale, convulsioni e coma. Il suo uso ha indotto disturbi psichiatrici gravi e differenti, quali crisi di panico, depressione, intense reazioni di rabbia, ideazione suicidiaria, deliri di riferimento simili a quelli paranoidi e flashbacks intrusivi e persistenti[3].

La MDMA si è diffusa come droga dei “rave parties” a cominciare degli anni Novanta, ed è stata indicata con numerosi nomi di gergo introdotti dagli spacciatori: Ecstasy, MD, Mandy, Molly, Maddalena, XTC, Disco biscuit, Adam, Vitamin E, Vitamin X, ecc. È generalmente assunta in forma di compresse, più spesso disciolte nelle bevande, mentre solo raramente è fumata come l’hashish.

Per quanto riguarda la caffeina, qui di seguito si riportano dei brani tratti da un articolo del dottor Borgia.

Gli effetti psicotropi del caffè sono attribuiti alla caffeina, un alcaloide xantinico che agisce sul sistema nervoso centrale come stimolante psiconeuromotorio, con effetti molto più blandi rispetto agli stimolanti psicomotori di abuso tossicomanico (amfetamina e cocaina) ma, naturalmente, senza gli effetti tossici e di condizionamento esistenziale che caratterizzano queste droghe. […]

La caffeina, isolata da Runge nel 1820, fu studiata sistematicamente quasi un secolo dopo da Hollingworth che, nel 1912, ne documentava gli effetti sull’efficienza mentale e motoria di soggetti normali, fornendo il primo esempio di indagine psicofarmacologica. Nelle epoche successive, classificata con la nicotina[4] fra gli psicoanalettici semplici, i suoi effetti sono stati valutati soprattutto confrontandoli con l’amfetamina e verificandoli attraverso l’influenza sull’elettroencefalogramma e la stima dell’azione antagonista del neurodeprimente reserpina. Gli effetti sull’EEG, con una inibizione della risposta reclutante, sono qualitativamente simili a quelli dell’amfetamina ma notevolmente inferiori, così come l’effetto antireserpinico che è di 10 volte più basso.

Ma vediamo un profilo sintetico della molecola. La caffeina è chimicamente una metilxantina (1,3,7-trimetilxantina; formula grezza: C8H10N4O12), farmacologicamente caratterizzata come alcaloide stimolante del sistema nervoso centrale con un’emivita di 5 ore, un legame alle proteine del 17-36%, una biodisponibilità del 99%, demetilazione ad opera di CYP1A2 ed eliminazione da parte dell’emuntorio renale. Oltre che nei chicchi di caffè è contenuta in proporzioni variabili nella noce di kola, nelle foglie di tè, nelle fave di cacao, nelle bacche di guaranà e ancora in guayusa, yaupon holly e yerba maté. Molti degli effetti sul cervello, incluso quello sul sonno e sui processi psichici, presentano una grande variazione individuale e, come l’effetto diuretico per azione sul glomerulo, tendono a ridursi con l’assunzione abituale[5].

Gli effetti di stimolo sulle prestazioni cognitive con aumento dell’allerta, dell’attenzione, della concentrazione e dell’efficienza intellettiva, sebbene presentino notevoli variazioni individuali nel rapporto dose/effetto, sono bene noti e documentati, ma sull’esistenza di un’azione diretta sulla memoria di lungo termine nell’uomo non vi sono prove sperimentali. Un aspetto farmacodinamico bene accertato è l’azione antagonistica esercitata dalla caffeina sui recettori A1 dell’adenosina (A1R) che sembra determinare un potenziamento selettivo della trasmissione sinaptica nei neuroni dell’area CA2 dell’ippocampo[6][7].

I ricercatori del team polacco, che ha avuto il contributo di Costa e Morelli dell’Università di Cagliari, per accertare se la caffeina peggiori o meno la tossicità del costituente principale dell’Ecstasy, hanno proceduto con i seguenti rilievi:

 

1)      determinazione del contenuto di dopamina (DA);

2)      determinazione del contenuto di serotonina (5-HT);

3)      definizione della densità cerebrale di DAT;

4)      definizione della densità cerebrale di SERT;

5)      determinazione del danno ossidativo del DNA nucleare;

6)      effetti della caffeina sulle variazioni di encefalina e dinorfina striatali indotte da MDMA;

7)      effetti della caffeina sul comportamento.

 

Il rilascio di DA e 5-HT è stato determinato impiegando la microdialisi in vivo, e i contenuti in monoammine sono stati misurati mediante HPLC con rilievo elettrochimico; il danno del DNA è stato valutato con l’ACA (alkaline comet assay); le densità di DAT e SERT sono state determinate mediante immunoistochimica, mentre prodinorfina e proencefalina sono state determinate mediante reazioni PCR quantitative. Infine, i cambiamenti comportamentali sono stati valutati mediante due test classici: l’open field (OF) e il novel object recognition (NOR).

I risultati sono apparsi chiari. Nei neuroni dello striato del topo, la caffeina potenziava il rilascio di DA indotto da MDMA, mentre inibiva il rilascio di 5-HT. Il danno ossidativo causato dall’Ecstasy al DNA nucleare era aggravato dalla caffeina che, allo stesso tempo, diminuiva l’entità della riduzione di DAT dello striato e peggiorava il decremento nella densità di SERT prodotto dall’assunzione di MDMA nella corteccia frontale. La caffeina, però, non ha influito né sull’espressione della prodinorfina striatale, accresciuta dalla droga psicostimolante, né sulle attività locomotorie ed esplorative dei topi, che sono ordinariamente ridotte dalla sostanza d’abuso. Infine, l’esplorazione del nuovo oggetto nel test NOR era ridotta da MDMA e caffeina.

In sintesi, i dati rilevati da Gorska e colleghi, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del testo integrale dell’articolo originale, forniscono evidenze che la somministrazione a lungo termine di caffeina influenza potentemente le funzioni dei neuroni dopaminergici e serotoninergici nel cervello del topo e agisce contribuendo agli effetti neurotossici prodotti dall’assunzione di MDMA.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-19 maggio 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Trattandosi di una “street drug” non esiste uno standard di composizione, ma in ogni caso la MDMA rimane il maggiore costituente, se non l’unico, della sostanza spacciata col nome di Ecstasy.

[2] Patel A., Moreland T., Haq F., Persistent Psychosis After a Single Ingestion of “Ecstasy” (MDMA). The Primary Care Companion to CNS Disorders vol. 13 (6), January 1st , 2011.

[3] Patel A., et al. op.cit.

[4] L’accostamento alla nicotina è stato poi abbandonato in farmacologia, per la differenza nel meccanismo d’azione che, come è noto, nella molecola contenuta nel tabacco si basa sul legame con i recettori nicotinici dell’acetilcolina.

[5] Per ulteriori dati si veda la recensione citata nella nota precedente.

[6] V. nota precedente.

[7] Note e Notizie 01-02-14 La caffeina rafforza il consolidamento della nostra memoria. Si consiglia la lettura di questo articolo, perché, oltre ad interessanti dati storici sul caffè e sui presunti rischi tossici legati al suo consumo, presenta la dimostrazione di un’azione sul consolidamento mnemonico.